Caso di studio
Le pitture monocrome delle pareti del Chiostro Verde di Santa Maria Novella rappresentano uno dei più antichi cicli pittorici claustrali di Firenze. Il ciclo veterotestamentario che illustra le Storie della Genesi è stato realizzato tra il 1420 e il 1450 e ha inizio nella seconda campata del lato orientale del chiostro  per  poi  continuare  in  senso  orario  sui  lati  sud  e  ovest.  Vi  dipingono  sicuramente  Paolo Uccello e Dello Delli (lato est), Mariotto di Cristofano (lato sud) mentre per il lato ovest sono stati avanzati  i  nomi  dello  Pseudo-Ambrogio  Baldese  e  di  Rossello  di  Jacopo  Franchi.
La  storia conservativa dei diciotto lunettoni dipinti a terra verde è ricca di restauri e interventi di manutenzione, a partire dalla prima metà dell’Ottocento quando Gaetano Bianchi stende una mano di tempera per fissare il colore, ai successivi strappi di Domenico Fiscali nei primi anni del Novecento, a quando nel 1930 Amedeo Benini utilizza mastice di caseina come consolidante e una soluzione di uovo per ridare vivacità al colore, fino a giungere, nell’immediato dopoguerra, allo strappo di una scena di Paolo Uccello  da  parte  dell’Istituto  Centrale  del  Restauro  di  Roma,  per  il  quale  sono  stati  utilizzati gommalacca per il fissaggio del colore e caseinato di calcio per l’intelaggio. Negli anni Cinquanta Leonetto Tintori avvia una campagna di trasporto durante la quale vennero rimosse  le  vecchie  tele  dei  dipinti  della  prima  campata  del  lato  est  cambiando  l’adesivo  per l’intelaggio, utilizzando un polivinilacetato e carbonato di calcio, ritenendo il caseinato “troppo forte” e con tendenza a scrostarsi.

Durante l’alluvione del 1966 l’acqua arrivò fino a circa metà della parete delle campate, causando innumerevoli  danni  dovuti  alla  violenta  azione  meccanica  delle  masse  idriche  che  andavano letteralmente a sbattere contro le opere, all’umidità e alla presenza di fango e nafta. Ciò comportò in seguito l’affioramento di numerose efflorescenze saline, la presenza di muffe, alterazione e perditadella cromia. Inoltre, nel caso delle opere di Paolo Uccello, l’azione dell’acqua dilavò la “vernice” di gomma arabica e olio di noce apposta del Tintori, rendendo la superficie opaca e perciò illeggibile.

Fra il 1969 e il 1971 gli affreschi del chiostro furono trasportati nei locali della Fortezza da Basso dove  furono  sottoposti  ad  un  intervento  di  restauro,  eseguito  sempre  da  Leonetto  Tintori  con  la collaborazione di Alfio del Serra e Giuseppe Rosi. In questo caso fu effettuata una pulitura a base di acqua e ammoniaca nel tentativo di rimuovere il film opaco causato dall’alterazione della gomma arabica e dell’olio di noce. Nel 1983 tutti i pannelli furono ricollocati nella loro ubicazione originaria. 

I  dipinti  sono  stati  oggetto  di  specifici  studi  e  ricerche  ai  quali  hanno  partecipato  tecnici restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e scienziati afferenti ad Università ed Enti di Ricerca. Il lavoro svolto ha consentito di raccogliere molte informazioni relative agli avvenimenti storico artistici dalla realizzazione pittorica, ai dati chimico-fisici sui materiali usati e delle procedure utilizzate  per  la  loro  esecuzione,  alle  indicazioni  sulle  caratteristiche  e  sulla  fenomenologia  dei processi di alterazione e di degrado, alle vicende conservative dei precedenti interventi di restauro al fine di poter affrontare l’intervento di restauro dei dipinti di una campata. Infatti nel 2006 è stato realizzato il restauro completo della quarta campata del lato sud, sia dei dipinti staccati della parete sia dei dipinti ancora sul supporto originale della volta, con lo scopo di eseguire un intervento pilota che  consentisse  di  avere  maggiori  e  più  specifiche  informazioni  in  funzione  di  un  prospetto  di intervento globale. 

A partire dal 25 luglio 2011, grazie ad una convenzione stipulata tra Opificio delle Pietre Dure e il Comune di Firenze, è stato possibile avviare un cantiere di restauro per quanto riguarda i dipinti murali staccati presenti nelle cinque campate del lato est del Chiostro Verde di Santa Maria Novella.

In previsione della rimozione di tutti gli otto pannelli dalla loro sede attuale, le prime operazioni sono state caratterizzate da un pronto intervento volto alla messa in sicurezza degli strati preparatori e  della  pellicola  pittorica,  cercando  di  impiegare  materiali  facilmente  reversibili  così  da  non precludere  trattamenti  futuri.  I  due  pannelli  appartenenti  alla  prima  campata  rappresentanti rispettivamente  la  lunetta  La  creazione  degli  animali  e  di  Adamo  e  la  fascia  sottostante  con  La creazione di Eva e il peccato originale, sono stati trasferiti presso i laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure in Fortezza da Basso, mentre per gli altri pannelli è prevista una sistemazione presso una sede appositamente dedicata che sarà indicata dal Comune di Firenze e dal Museo di San Marco.
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DISCOVER

DIpinti murali Staccati: criticità della COnserVazione
E studio di interventi per la riduzione dei Rischi
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La tecnica dello strappo

Con il termine strappo si intende una tecnica operativa di restauro che consiste nella rimozione della pellicola pittorica di un dipinto murale dal suo intonaco.
Come prima cosa il colore viene protetto tramite adesione con colla forte (colla animale ottenuta dalla bollitura di tendini e cartilagini di bue ) di due strati di tela, la prima di cotone, la successiva di canapa o lino. L’intelaggio viene eseguito dal basso verso l’alto e tra le due stesure devono  intercorrere almeno due ore per favorire la parziale asciugatura del primo strato.
Completata l’asciugatura dell’intelaggio (dopo almeno ventiquattro ore) per rimuovere dall’intonaco i pochi micron della pellicola pittorica, è sufficiente effettuare una leggera trazione sui margini dell’intelaggio; l’operazione è resa possibile grazie alla forte contrazione della colla che in fase di essiccamento innesca il meccanismo di separazione del colore dall’intonaco.
Lo strappo può essere eseguito in un’unica fase anche per pitture murali molto grandi arrotolando le tele con il colore su ampi rulli.
Dopo la rimozione dal muro, dal retro dello strappo vengono eliminati i residui d’intonaco tramite carte e pietre abrasive.
La fase successiva è quella della foderatura che consiste nell’adesione sul tergo del colore di uno o più strati di tela ( generalmente cotone, canapa o lino) tramite adesivi a base di sostanze di origine naturale (caseinato di calcio) oppure di sintesi (resine viniliche o acriliche caricate con aggregati minerali).
Dopo la perfetta asciugatura della foderatura è possibile procedere con la rimozione delle tele di protezione del colore applicate con la colla animale tramite applicazioni di impacchi di acqua calda e vapore.
La fase conclusiva dell’intervento consiste nella riadesione dello strappo ad una nuova struttura di sostegno che ne garantisca una buona conservazione e la possibilità di ricollocarlo in situ.